La svolta più interessante del film è nella sceneggiatura: Kelly Mc Gillis, procuratore pubblico piuttosto mascolinizzata da una fotografia televisiva (forte illuminazione da più parti, eliminazione dei chiaroscuri e delle ombre con conseguente appiattimento dell'immagine, il tutto allo scopo di rendere ogni dettaglio visibile nel futuro passaggio sul video del film) si rende conto degli incerti della situazione. Cliente stuprata, ma seducente: meglio non correre rischi, e barattare con la difesa una tranquilla condanna di comodo.

E quelli che stavano a vedere? Dopo un paio di ripensamenti, non è tanto - o solo - contro i tre delinquenti che decide di proseguire: ma contro gli spettatori più o meno consenzienti. E una legge - o un modo di applicarla - che incoraggia indirettamente quel genere di spettacolo.

Jodie Foster, provocante e fragile al tempo stesso, infantile e determinata, porta con la sua sincerità il film sulle sue fragili spalle. Kelly Mc Gillis (che le cronache ci informano - non so quanto utilmente - essere stata in passato anch'essa vittima di uno stupro; e sapere quindi di cosa stia a disquisire) è guidata da quell'emozione e professionalità che non fa certamente difetto agli altri autori della pellicola.